Cliccare sull'immagine per ingrandirla:

 

 

 

   

 

LA DOMUS DI VIA FANI

 

Gli sterri eseguiti tra il 1915 e il 1918 nell’angolo compreso tra la centralissima Via Fani (via che ricalca uno dei decumani antichi) e P.za Garibaldi (oggi P.za Matteotti) per la costruzione del palazzo delle Poste e di altri edifici attigui, misero in luce tutta una serie di strutture antiche consistenti per lo più in pavimentazioni di epoca romana di varia fattura, tra cui spiccava un bel mosaico a tessere bianche e nere, conservato, fino a qualche anno fa, nel chiostro maggiore del Museo Archeologico di Perugia.

Si tratta di un mosaico destinato, molto probabilmente (anche in considerazione della forma allungata che presenta), a rivestire il piano di una soglia; le dimensioni generali sono m. 5.99 di lunghezza per m. 0.765 di larghezza.

Nonostante che lo stato di conservazione non sia perfetto, la superficie musiva, che presenta anche delle lacune, è quasi totalmente leggibile: al suo esterno corre una balza marginale a tessere bianche, sottile nei lati lunghi e notevolmente più spessa nei lati brevi. A tale balza fa seguito una fascia a tessere nere che corre con spessore uniforme  per tutti e quattro i lati. Un fregio geometrico a denti di lupo, realizzato con tessere triangolari bianche, divide la fascia a tessere nere dalla parte ornamentale vera e propria. A partire dai denti di lupo inizia lo sfondo a tessere nere su cui si inserisce il motivo centrale, che ripete la decorazione di un soffitto a cassettoni: esso risulta formato da sei quadrati alternati a cinque rettangoli entro i quali sono raffigurati, rispettivamente, quadrati e losanghe decorati con vari elementi, ed è delineato da una sottile fascia a tessere bianche che divide, inoltre, i vari settori l’uno dall’altro.

La decorazione, procedendo da sinistra a destra, risulta così composta: quadrato con quadrato interno e fiore a quattro petali al centro; rettangolo con losanghe concentriche e kantharos bianco all’interno; quadrato perduto; rettangolo con losanga con all’interno un fulmine stilizzato; quadrato con cerchio iscritto e fiore a sei petali; rettangolo con tazza monoansata; quadrato con stella a quattro punte; rettangolo con losanga e quadrato al centro; quadrato con fiore a sei petali; rettangolo con losanga divisa in quattro da sottili linee; quadrato con fiore nero a quattro petali.

Il mosaico, come già detto, sembra essere ascrivibile a quella categoria di decorazioni musive che imitano soffitti decorati a cassettoni, secondo modelli derivati direttamente da rappresentazioni pittoriche, anche se in questo caso, diversamente da altri attestati, la raffigurazione si presenta priva di qualsiasi intento plastico-prospettico; la struttura a lacunari è infatti resa evidente semplicemente da quella linea di tessere bianche che divide i settori l’uno dall’altro e l’unico elemento che avvicina questo mosaico ai suoi prototipi architettonici è dato dall’alternanza dalle riquadrature concentriche nere e bianche.

Il confronto con analoghi esemplari provenienti da Roma (come quello rinvenuto nel tablinum della c.d. casa di Livia) e da Pompei sembra suggerire una sua collocazione entro gli anni centrali del I sec. a.C.

Nuovi studi sul monumento infine, condotti da Luana Cenciaioli, hanno permesso di riscoprire anche parte dell’allora documentazione di scavo e di particolare interesse risulta essere in proposito una pianta che raffigura proprio il mosaico unitamente ad altre strutture come un impluvium, fatto questo che potrebbe indicare la pertinenza della decorazione musiva, insieme alle altre pavimantazioni a  cui si è accennato, ad un domus di un certo livello che doveva sorgere nei pressi del limite pomeriale della città, visto che a pochissima distanza è attesta anche la presenza di alcuni tratti della cinta muraria etrusca.

Lucio Benedetti